Vite di scarto by Zygmunt Bauman

Vite di scarto by Zygmunt Bauman

autore:Zygmunt Bauman
La lingua: ita
Format: azw3, mobi, epub
pubblicato: 2013-08-18T22:00:00+00:00


4. Cultura dei rifiuti

Nella storia assai complessa della produzione e dello smaltimento di rifiuti umani, hanno svolto un ruolo determinante la visione dell'«eternità» e la sua attuale caduta in disgrazia.

Soltanto l'infinito è pienamente e autenticamente onni-comprensivo. Infinito ed esclusione sono incompatibili, e co-sì anche infinito ed esenzione. Nell'infinità del tempo e dello spazio tutto può succedere, e tutto deve succedere. Tutto ciò che è stato, è e forse sarà ha il suo posto. La sola a non avere spazio nell'infinito è l'idea del «non spazio». L'idea cui l'infinito assolutamente non può fare spazio è quella dell'esubero, dello scarto.

É quanto scoprì nella Città degli Immortali Joseph Cartaphilus di Smirne, l'eroe di un racconto di Jorge Luis Borges, intitolato appunto L'immortale: Ammaestrata da un esercizio di secoli, la repubblica degli Immortali aveva raggiunto la perfezione della tolleranza e quasi del disdegno. Essi sapevano che in un tempo infinito ad ogni uomo accadono tutte le cose. Per le sue passate o future virtù, ogni uo-mo è creditore d'ogni bontà... Il pensiero più fugace obbedisce a un disegno invisibile e può coronare, o inaugurare, una forma segreta... Nessuno è qualcuno, un solo uomo immortale è tutti gli uomini. (1)

Nell'infinito nulla può essere privo di significato, anche se questo significato appare illeggibile e imperscrutabili esseri umani, i quali, per via della durata limitata della loro vita, non hanno accesso al genere di tempo che occorre per de-cifrarlo o per testimoniare della sua rivelazione. Nell'infinito tutto è riciclato senza fine, come nella concezione indù dell'eterno ritorno e della reincarnazione, oppure eternamente esistente, come nell'idea cristiana di un progresso lineare che va dall'habitat terreno della carne mortale all'aldilà delle anime, dove il vero significato delle azioni umane è scandaglia-to, giudicato e poi premiato o punito a seconda del giudizio.

Nell'infinito, i singoli esseri umani possono scomparire alla vista dei mortali, ma nessuno sprofonda in modo irreversibile nel nulla, e ogni giudizio, tranne l'ultimo, infinitamente re-moto, è prematuro e, se rivendicato come finale, denota im-postura o peccaminosa presunzione.

Naturalmente l'«infinito» non è che un costrutto astrat-to, un'estrapolazione mentale dall'esperienza del lungo periodo -estrapolazione indotta dalla brevità invalidante della vita corporea e dall'irritante incompletezza delle opere della vita -. L'idea dell'infinito rappresenta un'estensione immagi-nata del presente, in cui sarà rivelato il senso di tutti i mo-menti passati, presenti e futuri e tutto andrà al suo posto; tutte le opere daranno i loro frutti, benigni o velenosi, i meriti saranno premiati e i vizi puniti; o, piuttosto, gli atti saranno classificati in meriti o vizi a seconda delle loro conseguenze tuttora ignote, cioè quelle sul lungo periodo, quelle davvero ultime. É perché le conseguenze non si possono verificare di-rettamente e non possono essere conosciute appieno quando si mette in moto la catena degli eventi. É per questo motivo che tutto ciò che accade conta: non può non contare. Nell'infinito, fra tutto quanto accade, non v'è nulla che si possa di-re superfluo, legato al flusso degli eventi per mero accidente, non veramente necessario, smaltibile; nulla di cui si possa di-re che non ha



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